Ex Ilva: Mittal volta le spalle al governo che ora dovrà decidere il futuro
Futuro Ilva: Mittal è venuto allo scoperto, nell’incontro con la delegazione del governo dichiarandosi indisponibile ad “assumere impegni finanziari”. Nessuno si aspettava realmente qualcosa di diverso, dal momento che il gruppo franco-indiano non ha mai realmente mostrato di credere del futuro dell’acciaio italiano e ha fatto capire, dal primo momento che il suo interesse era quello di acquisire le quote produttive per spostarle altrove. Soltanto l’allora ministro Calenda, che guidò la privatizzazione, molto criticata, ci è cascato, trascurando i gravi contenziosi che l’azienda creava in tutto il mondo, dalla Francia al Canada, dalla Bosnia al Kazakhstan. Trascinandosi dietro tutto il paese che, nel corso degli ultimi anni, ha messo sempre mano al portafogli. E che ha tirato fuori centinaia di milioni di euro per evitare la chiusura dell’ex Ilva, mentre Mittal stava a guardare, assieme ai manager preposti con intollerabile arroganza.
Ma cos’è accaduto nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi con ArcelorMittal? É accaduto, come leggiamo nella breve nota diffusa da Palazzo Chigi, che “la delegazione del Governo ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva”. Al che ArcelorMittal si è detta “indisponibile ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza”, e Il governo, prendendone atto, “ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale”. Si è deciso, inoltre, di convocare le organizzazioni sindacali per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio e in quella sede potrebbero essere forniti i dettagli della procedura che si intende seguire.
Ma cosa succederà a questo punto? Lo scenario più probabile è quello dell’amministrazione straordinaria. Non sarà semplice arrivare a una soluzione armonica e la via del contenzioso rischia di complicare ogni scelta del governo. Ricorrendo a una norma del decreto 2/2023, si potrebbe arrivare sì all’amministrazione straordinaria su richiesta del socio pubblico, ma non è escluso, in questo caso, un braccio di ferro legale con il socio privato. Un’ipotesi alternativa è il ricorso alla composizione negoziata di crisi, procedura stragiudiziale che consente di attivare misure protettive a tempo per evitare che i creditori aggrediscano il patrimonio.
Nelle intenzioni del governo, ad ogni modo, c’è l’individuazione di un partner industriale che possa subentrare. Da mesi ormai si fa il nome di Arvedi o di altri acciaieri del Nord.
I sindacati di categoria, Fim Fiom Uilm, da parte loro, rimarcano, in una nota congiunta, ciò che hanno denunciato e per cui hanno mobilitato le lavoratrici e i lavoratori: “la necessità di un controllo pubblico e la mancanza di volontà del socio privato di voler investire risorse sul futuro dell’ex Ilva”.
“L’indisponibilità di Mittal, manifestata oggi nell’incontro con il Governo, – per i sindacati – è gravissima, soprattutto di fronte alla urgente situazione in cui versano oramai i lavoratori e gli stabilimenti, e conferma la volontà di chiudere la storia della siderurgia nel nostro Paese. Nell’incontro di giovedì ci aspettiamo dal governo una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale”.
All’incontro di Palazzo Chigi erano presenti, per l’esecutivo il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, il ministro degli affari Ue e Pnrr, Raffaele Fitto, delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, del lavoro, Elvira Calderone, il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano e l’ad di Invitalia Bernardo Mattarella. La delegazione aziendale era guidata, invece, dall’ad Aditya Mittal.
Ricordiamo, in conclusione, che lunedì 8 una delegazione del sindacato di base Usb è stata ricevuta, a Roma, dal presidente della Cei cardinale Zuppi.