La scomparsa di Antonio Caramia, noto e poliedrico imprenditore tarantino
Si è spento, a 81 anni, l’imprenditore Antonio Caramia, molto noto per le sue vulcaniche iniziative imprenditoriali e per il suo carattere sempre volitivo e spesso controcorrente, che negli anni giovanili aveva avuto un ruolo di spicco nel mondo dell’imprenditoria locale e anche all’interno dell’associazione degli imprenditori, Confindustria Taranto, di cui era divenuto anche presidente provinciale e vicepresidente regionale.
La sua attività imprenditoriale più importante e redditizia è stata senza dubbio quella legata alla gestione, assieme ai fratelli Pasquale (scomparso nel 2018) e Saverio, della discarica Italcave, ma non aveva disdegnato intrusioni di altri settori, a partire da quello editoriale, legato alla nascita, nei primi anni Ottanta, dell’emittente televisiva Canale Uno, che aveva coinvolto alcuni di più noti giornalisti tarantini, come Franco Cigliola, Narciso Bino, Nino Botta e altri, fondata con grandi ambizioni e tante risorse, ma destinata a una durata piuttosto breve. Caramia, che è stato anche presidente dell’Autorità portuale di Taranto e della Cassa edile, l’ente finanziario del settore edilizio che ha avuto alterne vicende, come pure la Scuola edile, ha investito nel settore turistico, anche qui mettendosi in luce con iniziative ambiziose non necessariamente popolari, come pure accaduto nel settore portuale, com’era d’altra parte nella sua indole, che lo spingeva a non tirarsi indietro davanti alle controversie di natura economico imprenditoriale ma a giocare le sue carte con sicurezza e forza di volontà.
Qualche anno fa, esattamente nel 2916, a qualche anno dallo scoppio dello scandalo Ilva, quando ci si dibatteva nei complessi scenari del futuro da dare allo stabilimento siderurgico di Taranto, Antonio Caramia si era messo in luce con una presa di posizione da molti considerata sconcertante: l’invito a far chiudere l’Ilva “ora, senza se e senza ma”.
Giudicando il risanamento come “impossibile” lanciò un appello per “un rinascimento economico, culturale, sociale che richiede buon senso e coraggio. Il buon senso di capire che per cambiare bisogna partire dal problema più grande: l’Ilva”.
Si impegnò, poi, anche a replicare alle polemiche che tale presa di posizione, assunta da parte di un uomo che fino a pochi anni prima era stato un paladino dello sviluppo industriale, aveva suscitato, anche quella volta con il pieno coraggio delle sue azioni, ma fu quella la sua ultima “battaglia pubblica”.
Antonio Caramia lascia la moglie Lucia e le figlie Barbara e Livia, cui a il cordoglio del nostro giornale.