“Ogni nostro servizio deve essere radicato nell’amore”
Pubblichiamo di seguito l’omelia dell’arcivescovo mons. Ciro Miniero pronunciata durante l’ordinazione episcopale di mons. Giuseppe Russo, domenica 21, in Concattedrale:
“Tutti uniti, dunque, sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi, persone consacrate, laici e laiche, per esprimere il rendimento di grazie al Signore per il dono dell’episcopato a questo figlio della terra jonica. Il Vangelo che ci è stato proclamato attrae la nostra attenzione sul rapporto strettissimo fra Pietro e Gesù. Se dell’amore del Maestro non si può dubitare, quale amore saranno in grado di esprimere i discepoli per pascere i suoi agnelli? Per Pietro l’esame è arduo e impegnativo. Anche perché Gesù non gli domanda “Mi ami tu?”, cioè di un amore uguale al suo. Pietro, consapevole del suo limite e della sua insufficienza, risponde entrambe le volte con tutte le sue forze: ‘Ti voglio bene’, cioè come un amico, un amico sincero. Alla terza domanda, è Gesù che cambia il verbo e dice “Mi vuoi bene?’, da amico sincero, quasi a dire ‘ con tutte le tue forze che puoi’, anche se non sono uguali alle sue. Ancora una volta è l’amore di Dio che entra negli angusti spazi umani per allargare il cuore di Pietro affinché impari ad amare il Maestro e in Lui tutti coloro che il Maestro gli affida. Non c’è nulla che abbia a che fare con Gesù e la sua Chiesa che non s’innesti in questa domanda così esigente, ma anche così profondamente umana che riguarda l’amore. Tutti vogliamo amare ma spesso non sappiamo cosa o chi. Più spesso amiamo male perché non sappiamo cosa voglia dire pienamente la parola. Gesù si mostra anche in questo caso un vero maestro ed educatore perché mentre fa prendere coscienza a Pietro dei suoi limiti, gli garantisce la promessa che nella custodia dei fratelli nel pascere le sue pecore farà l’esperienza di quell’amore totale e pieno di cui solo Lui, Gesù, è stato vero maestro e testimone. Dall’amore dunque nasce il servizio nella Chiesa, servizio che Pietro deve assolvere amando la Chiesa tutta. A se stesso, Buon Pastore, Gesù fa succedere il pastore Pietro come suo vicario e continuatore. Le pecore, gli agnelli, cioè i credenti tutti, sono di Gesù, ma Pietro deve rivolgere a loro il suo servizio di amore e di guida. Ciò che vale per Pietro vale per ogni papa, per ogni vescovo, per ogni ministro nella Chiesa. Ogni nostro servizio deve essere radicato nell’amore, oserei dire che anche i pensieri e i progetti che elaboriamo a favore delle persone affidateci devono essere tutti mossi solo dall’amore perché l’apostolato nasce dall’amore e si esercita nell’amore. La nostra attenzione si ferma ora sul dono di grazia che viene dato al vescovo mediante l’ordinazione episcopale. Per poterne cogliere in pienezza il significato invito a riflettere sulle parole di Gesù tratte dal Vangelo di Giovanni, sono parole di amore che ci conducono al cuore del mistero trinitario e ci svelano il senso di ogni scelta: Come il Padre ha amato me anche io ho amato voi, rimanete nel mio amore. Questa permanenza nell’amore di Cristo si concretizza nell’osservanza dei suoi comandamenti e soprattutto nel comandamento dell’amore reciproco: ‘Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi’, fino cioè a quel vertice dell’amore che è dare, come ha fatto Gesù, la vita per i propri amici. Qui troviamo la parola che fa gioire il nostro cuore, la parola che ci esalta e nel contempo ci fa sentire tutta la nostra indegnità: ‘Voi siete miei amici, non vi chiamo più servi, ma amici’. E finalmente Gesù rimette ancora una volta ogni cosa nella giusta prospettiva: ‘Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga’. E i frutti della nostra vita incideranno nella storia umana se saremo radicati sempre nell’amore di Cristo. A tal proposito con giusta ragione Sant’Agostino afferma che l’episcopato è compito e incarico di amore. Tutte le specifiche articolazioni e i vari doveri di questo ministero trovano qui, nell’amore la loro sorgente e la loro forma compiuta, un amore tutto concreto che non separa mai Gesù Cristo dal suo popolo che è la Chiesa, un amore che si traduce nell’impegno di annunciare Cristo a tutte le persone con la parola e la testimonianza di vita e di aiutarle nelle loro spesso faticose situazioni di vita. Caro don Giuseppe, il Signore ti ha scelto per il ministero episcopale e ti chiede come ha fatto con Pietro di essere segno del suo amore e pascolare le sue pecorelle. Ti chiede di essere con Lui e in Lui il buon pastore e oggi per mezzo del mandato apostolico del Santo Padre al quale va il nostro più devoto e grato pensiero, ti manda in una porzione della terra di Puglia dalle più profonde tradizioni religiose, terra segnata da bellezze e ricchezze naturali, culturali e religiose per continuare la sua missione. Ti manda come padre e pastore perché tu possa proclamare il suo Vangelo e annunciare a tutti che Gesù Cristo, morto e risorto, è il servo sofferente che ha preso su di sé i nostri limiti, i nostri peccati e la stessa nostra morte imprimendo nei nostri cuori la potenza eterna e vivificante dell’amore. Sappi sempre osare nel nome di Cristo, incarnandolo in tutte le necessità spirituali e materiali del tuo popolo, accettando anche di correre il rischio dell’incomprensione e dell’ostilità. Con la forza che viene da Dio affronta il male e vincerlo con il bene di cui sei testimone e profeta. Tra le domande che secondo il rito liturgico tra poco rivolgerà all’ordinando, prima dell’imposizione delle mani, una dice così: ‘Vuoi dedicare il corpo di Cristo che è la Chiesa perseverando nella sua unità insieme con tutto l’ordine dei vescovi sotto l’autorità del successore del beato apostolo Pietro? Questo è un servizio essenziale che ogni vescovo deve rendere alla propria Chiesa e anche in comunione con il Papa e gli altri vescovi alla Chiesa universale: far crescere la Chiesa nell’unità.
Don Giuseppe, nei suoi anni di permanenza a Roma, cuore della cristianità e sede del vicario di Cristo, ha irrobustito il suo amore e la sua devozione verso il Papa quale punto di riferimento che ci si accoglie nell’apertura e docilità di cuore, da accompagnare e sostenere con la preghiera e con la condivisione pubblica del suo magistero. Per la Chiesa di Altamura, Gravina ed Acquaviva delle Fonti anche questo sarà un bene prezioso. Nei riti esplicativi dell’ordinazione verrà poi consegnato al vescovo il libro dei Vangeli che già durante la preghiera consacratoria sarà tenuto aperto sul suo capo. Poi gli verrà consegnato l’anello, segno del legame intimo e sponsale con la Chiesa che gli viene affidata e ancora la mitria, promessa e impegno di santità divina e finalmente il pastorale che sta a indicare il compito di aver cura e di reggere e governare la diocesi con animo del buon pastore.
Chiediamo per mons. Giuseppe l’abbondanza del dono dello Spirito Santo, solo Lui infatti lo può mettere in grado di adempiere questi compiti, che superano di gran lunga le nostre forze e le misure umane.
Carissimo don Giuseppe, la Vergine Santissima, San Cataldo e i Santi Patroni della tua diocesi, Sant’Irene, San Michele e Sant’Eustachio, veglino su di te e intercedano presso il Padre, sorgente eterna di amore”.
† Ciro Miniero