Le bombe e la recrudescenza dei combattimenti nella zona meridionale dell’Ucraina frenano purtroppo la partenza dall’Italia della terza “carovana della pace”, prevista per il 14-18 luglio, con destinazione Odessa e Mykolaïv. A farlo sapere al Sir sono i promotori dell’iniziativa, la rete #Stopthewarnow, che coordina oltre 175 associazioni, movimenti e enti italiani. Gli operatori sono reduci di una spedizione a Leopoli avvenuta ad aprile e di una carovana partita il 24 giugno scorso con destinazione Odessa e Mykolaïv, alla quale ha partecipato anche mons. Francesco Savino, vice-presidente della Cei. Una decina di pulmini e un tir riempiti per metà di aiuti umanitari e volontari. La “carovana” di luglio però è stata stoppata e rimandata a fine agosto. Don Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, spiega: “Non abbiamo mai fatto un’attività o preso un’iniziativa che non sia stata concordata con i partner locali, prima tra tutti la Caritas-Spes che è collegata a tutta una serie di strutture, anche militari, che conoscono meglio la situazione e di conseguenza, le condizioni concrete e la fattibilità delle nostre iniziative. In questo caso, tutte le previsioni dicono purtroppo che ci sarà una recrudescenza delle attività militari nella zona. Non facciamo fatica a crederlo alla luce di quanto sta accadendo in questi ultimi giorni con l’aumento dei bombardamenti. Per questo motivo ci sembrava assolutamente di buonsenso e un criterio di prudenza non esporre a rischio la vita delle persone”.
A Odessa, c’è un presidio dell’Operazione Colomba della Comunità Giovanni XXIII. Rientrato in Italia da due giorni, il responsabile Alberto Capanniniracconta che gli operatori cercano di raggiungere Mykolaiv almeno una o due volte alla settimana per portare gli aiuti umanitari. In un video girato qualche giorno fa in un centro di distribuzione e raccolta, si vedono centinaia di persone in fila per ricevere il “pacco” con gli aiuti. Qui ogni giorno vengono distribuiti circa 600 pasti al giorno e grazie ad un pozzo, anche qualche migliaio di litri di acqua. In città sono rimasti moltissimi anziani. Le persone hanno perso lavoro. Le fabbriche sono state bombardate e la gente riesce a mangiare facendo la coda nei centri. “A Odessa – racconta Capannini – ci sono allarmi frequenti e i missili sono continuamente lanciati ma c’è una contraerea che funziona molto bene. Mykolaiv invece si trova a soli 140 chilometri dal fronte e la situazione è più dura, perché le bombe cadono tutti i giorni, ci sono morti e palazzi distrutti. In più il fronte è molto mobile. È brutto dirlo ma se le l’Ucraina perde il Donbass perde qualcosa ma se perde la costa e Odessa, perde tutto. Perde l’accesso al mare e la possibilità di esportare merci e avere contatti con tutti i paesi con cui ha legami commerciali. Quindi la battaglia a Mykolaiv, Kherson e Odessa è vitale per l’Ucraina. E questo è anche il motivo per cui abbiamo deciso di andare lì con la carovana, per dire che nessuno ha il diritto di bombardare i civili”.
Ma a Mykolaiv non si muore solo sotto le bombe e le macerie. Si muore anche di sete. “Non è concepibile tagliare l’acqua alla popolazione in un periodo in cui tra l’altro ci sono 30/35 gradi. Significa costringere le persone a vivere nello stremo”, dice Capannini. E don Tonio Dell’Olio aggiunge: “Quando siamo stati lì, le persone continuavano a dirci, ‘non abbiamo acqua, non abbiamo acqua’. Hanno bombardato le riserve e le condutture idriche. C’è una chiara strategia militare, adottata dai russi, che è quella di mettere in ginocchio la popolazione e costringere in qualche modo il Paese alla resa”.L’obiettivo delle associazioni che aderiscono al Coordinamento StopTheWarNow è quello di aiutare la popolazione locale a costruire pozzi con impianti di dissalazione per purificare le acque che si trovano sul mare e sono salate. Si può partecipare al progetto aderendo alla raccolta fondi avviato dal Coordinamento. Sul posto opera una ong danese specializzata in questo lavoro e “abbiamo saputo ieri sera che siamo già riusciti a raccogliere 11 mila euro per il primo dei 4 dissalatori che vorremmo mettere lì”, dice soddisfatto Dell’Olio.