Settimana della Fede: giovedì 29, il saveriano padre Zampini parlerà di “Missione”
Domani, giovedì 29, in concattedrale (ore 19), si svolgerà il quarto incontro della 52.ma Settimana della Fede con padre Gianni Zampini, missionario saveriano, che parlerà di “Missione”.
Il religioso (77 anni) è nato a Bussolengo (Verona). “Nella mia famiglia – dice – eravamo tutti praticanti con mia madre che teneva alla frequenza dei primi venerdì e sabati del mese”.
Il suo percorso vocazionale scaturì dagli incontri con il curato del suo paese il quale non mancava di invitarlo a farsi prete, vedendo la sua frequenza come ministrante. Determinante fu l’amicizia con un sacerdote cecoslovacco, don Joseph Motal, che dopo la guerra non poté rientrare nella sua patria per l’avvento del regime comunista. “Era una persona serena, lineare, solare che riusciva a radunare attorno a sé i ragazzi per una lettura spirituale alternandola a momenti di gioco. Grazie a lui – racconta – sbocciò la mia vocazione. Così a 11 anni entrai in seminario”. In occasione di una mostra vocazionale in seminario, egli conobbe un saveriano, padre Tomè, molto sereno e pieno di allegria, con cui i seminaristi s’intrattenevano volentieri. Nel suo stand c’era un libro che attirò la sua attenzione, dal titolo “Hanno scelto Cristo”. “Noi seminaristi – ricorda – non avevamo molti soldi a disposizione e quei pochi li spendevamo in gelati. Ma io quel libro lo volevo fortemente e chiesi al missionario di regalarmelo. Lui mi rispose che lo avrebbe fatto solo se fossi diventato saveriano. Rifiutai perché non avrei mai barattato la mia vocazione con un libro, che poi lessi ugualmente, prelevandolo nelle ore notturne, quando chiudeva l’esposizione”.
Poi, durante le vacanze estive, l’incontro con un altro saveriano: il tarantino padre Stefano Coronese, di un’allegria tale da non lasciare indifferenti. Il giovane seminarista, avendo la tristezza nel cuore, gliene domandò il motivo. ” Lui mi rispose – dice padre Gianni – che era così da quando aveva deciso di donarsi completamente a Cristo e che non vedeva l’ora di partire missionario per l’Indonesia. Mi attirava molto la missione e fu così che, nel 1967, intrapresi il noviziato fra i saveriani”.
“Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1973, chiesi di partire per il Bangladesh, ma c’erano già molte richieste – continua – Così fui destinato all’animazione missionaria in Emilia Romagna. Successivamente, durante una visita del padre generale, mi fu suggerito di recarmi in Colombia. Partii nel 1980 e fu un’esperienza molto bella e coinvolgente. Volevo fare qualcosa per quelle popolazioni, comprendendo successivamente che il compito del missionario non è quello di risolvere i problemi. Non aveva infatti senso costruire una scuola o un ambulatorio se poi durante una ribellione tutto veniva distrutto, come spesso accadeva. Gesù infatti non ha risolto alcun problema, ma viveva in mezzo alla gente e donava, a chi lo desiderava, lo spirito e la grazia per continuare la sua missione diffondendo la buona notizia del Vangelo in tutto il mondo.”
Nel 1990 padre Gianni fu richiamato in Italia per lavorare sulla sensibilizzazione ed educazione alla mondialità, facendo conoscere le culture degli altri popoli , diffondendo libri e audiovisivi durante fiere e congressi.
Infine, nel 2020, in piena pandemia eccolo a Taranto, dove, spiega “… faccio semplicemente il prete, predicando nelle parrocchie una lettura della Parola di Dio molto incarnata nella realtà a livello mondiale, nell’annuncio di Gesù che libera dal nostro egoismo per aprirci all’altro ed evidenziando inoltre che il mondo occidentale deve prendere coscienza che il suo benessere è basato sullo sfruttamento delle risorse e dei beni degli altri popoli, lasciandoli nella povertà. Questa è la vera tragedia da cui scaturiscono tutte le guerre!”.