Il poeta Daniele Giancane si confessa in una plaquette: “Anch’io, qualche volta, sono un mistico”
La terza plaquette poetica uscita dai progetti dell’Università della poesia J.R.Jiménez raccoglie il frutto di un sapiente momento ispirativo di Daniele Giancane. Poeta e saggista a tutti noto, da sempre animatore culturale e per anni ispiratore del gruppo della Vallisa e della rivista che ne portava il nome, è stato anche educatore nonché docente di Letteratura per l’infanzia all’Università di Bari. Ha all’attivo un grandissimo elenco di pubblicazioni, che comprende anche i recenti due volumi de “Il meglio di me”, con un’ampia antologia delle sue poesie. Ma, leggiamo nella nota biografica: “Si è dedicato anima e corpo alla poesia, fondando gruppi, comunità letterarie, riviste. Ma forse si salvano una decina di poesie e qualche studio. (…) Ha già pensato all’epigrafe, sul suo loculo: “Visse per la poesia. E fu un’esistenza esaltante”.” Noi possiamo dire, conoscendolo, che gran parte del suo tempo lo ha speso per far amare la poesia, dando agli altri certamente molto più di quel che ha raccolto, anche per la sua grande tolleranza e disponibilità. Forse anche questa consapevolezza gli fa guardare ora a un orizzonte metatemporale.
La plaquette fresca di stampa si intitola Anch’io, qualche volta, sono un mistico e reca in esergo un distico del poeta spagnolo Jiménez: “Tu non toccarla più / perché così è la rosa”, e consta di dieci poesie. Anch’io, qualche volta, sono un mistico è anche il titolo della poesia centrale di questa minuscola, intensa raccolta, che è anche una preghiera provocatoria: “…Io ti prego, / Dio della mente e della poesia, / del sesso e di ogni latitudine // Dio dei tendaggi sulfurei / e dei cocainomani inebetiti, / dei porti coi marinai / dalle facce di bonzo (…) Fammi lasciare questo mondo / all’emozione di un verso “troppo forte” / per il mio fragile cuore (…) Scopriranno che esisti davvero. / Che ci ascolti, / molte volte a modo tuo. / Ma che ci sei, ci sei”. E la sua ricerca in versi propone anche metafore come il “Il faro”: “Dal fondo del mare in tempesta, / nella notte assassina di pioggia, / s’intorpidiva il cuore / e il futuro apparve tremebondo. // all’improvviso vidi! / (Fu come una visione) / la luce tenue del faro / Sono quei momenti in cui l’anima s’allegra, / come quando appaiono / tutte le epifanie / e il mondo appare degno e buono // Così fu per me il faro”.