L’allocuzione dell’arcivescovo Miniero per l’uscita dell’Addolorata da San Domenico
Pubblichiamo l’allocuzione dell’arcivescovo Ciro Miniero, dal pendio di San Domenico, all’uscita del pellegrinaggio dell’Addolorata per i riti della Settimana santa tarantina.
È presente la Madre di Gesù che è nostra Madre.
Tutto questo è meraviglioso per chi, come noi, è destinatario del dono della fede. Stasera che cosa vedono gli occhi di Maria mentre ci incamminiamo insieme con Lei verso il calvario? Vedono un popolo, un popolo sterminato, commosso e commovente che la invoca unanime:
«Soccorri Addolorata questo popolo che anela a risorgere!»
L’immagine della Vergine Maria che ora viene offerta alla vostra generosa e sincera venerazione è immediato rimando al messaggio del Dio Creatore che dona vita. Gesù lo dice nel Vangelo:
«La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16.21).
Venit ora, amici carissimi. Viene l’ora fissata da Gesù non per la condanna e per il sopravvento della morte ma per il compimento della salvezza. Non dobbiamo dimenticare che quella che la devozione canta come «doglia atroce», è doglia di un parto per la vita eterna. Vi è una gioia che supererà ogni dolore ed è quella che ci farà incontrare il Signore vivo, risorto. In questo momento in cui, nel dolore e nelle lacrime dell’Addolorata, ci sentiamo così uniti, così vicini, presentiamo le nostre preghiere. Seguire Lei è un atto di coraggio e di fiducia. Se siamo qui è perché crediamo che questo segno così fragile della donna fedele che piange può spostare le montagne.
Macigni opprimono il cuore dell’umanità come le guerre e il terrorismo. Uniamoci all’accorato appello di Papa Francesco per implorare il dono della pace. Il grande albero della pace non cresce se il suo piccolo seme non è piantato nel terreno nascosto delle nostre famiglie, se non è irrorato nella nostra comunità civile, se non è custodito da ciascuno come germe indispensabile prezioso. Il Vangelo ci insegna che le cose non ci raggiungono dal di fuori ma partono sempre da dentro l’uomo.
Il simulacro della Vergine Addolorata di Taranto offre visivamente il suo cuore a ciascuno di noi. Dobbiamo chiedere che ciò che esso contiene si riversi in noi. Contiene le lacrime di questa città, le sue divisioni, le contraddizioni, le ingiustizie. Ma è anche colmo dell’amore del Salvatore che redime. Se davvero vogliamo cambiare, se vogliamo trasfigurare questa nostra terra con la grazia della conversione, chiediamo di ottenere gli stessi sentimenti di Maria.
Purifica, o Vergine Maria,
in nostri volti,
i nostri sguardi, i nostri cuori.
Fa’ scorrere lacrime di penitenza e di perdono.
Non permettere che la paura del calvario
ci faccia desistere dalla nostra chiamata nel seguire il Signore.
Donaci le lacrime amare di Pietro e allontana da noi la disperazione di Giuda.
Raccogli nel tuo cuore tutto quello
che i tuoi figli lungo questa notte ti chiederanno.
Così che anche noi, che ora siamo nel dolore
sperimentiamo nuovamente la speranza,
perché il nostro cuore possa finalmente gioire,
cosicché nessuno potrà toglierci la nostra gioia (cfr Gv 16).
Donaci il dono della pace e sospingici verso il mattino della Santa Pasqua,
allora ci mostrerai Gesù, il frutto benedetto del tuo seno.
O clemente, o Pia, o dolce Vergine Addolorata, Maria.
Auguro ai confratelli di Maria SS Addolorata e San Domenico, nella persona del padre spirituale mons. Emanuele Ferro e del priore Giancarlo Roberti di portare a compimento con un’autentica testimonianza di fede questo pellegrinaggio della Vergine Santa, pellegrinaggio che ora benedico emozionato e di cuore per la prima volta incoraggiandovi e ringraziandovi.
Ave Maria