L’allocuzione dell’arcivescovo Miniero per il passaggio dei Misteri dal balcone del Carmine
Pubblichiamo l’allocuzione dell’arcivescovo Ciro Miniero pronunciata dal balcone della chiesa del Carmine, al passaggio del pellegrinaggio dei Misteri per i riti della Settimana santa tarantina.
Cari sorelle e fratelli,
per le nostre strade sono esposti alla venerazione i Misteri dolorosi della Passione di Nostro Signore. Dio si è mostrato. Si è fatto vedere. Questo scenario di pietà popolare è offerto ai nostri occhi e ci comunica più di tante parole la fragilità umana assunta da Dio.
Le sofferenze inferte al Figlio di Dio sono il frutto del peccato e il peccato non è che il cammino sbagliato dell’uomo.
L’uomo che si lascia dominare dal male produce tutto questo.
Gesù cade sotto le bombe di Gaza e dell’Ucraina, le sue vesti sono divise fra popoli che hanno la presunzione di contendersi i territori invocando il nome di Dio. Vediamo l’innocente che paga con la vita la cattiveria. Quanti scherni all’indirizzo della dignità umana vilipesa in ogni modo! Quanti schiavi ancora nel mondo, tutti simbolicamente legati a quella colonna. Nel Cristo denudato, assetato e solo, ci sono tutti i poveri del mondo, le persone abbandonate. Il respiro ansimante di Gesù, che consegna alla sua anima al Padre, si asfissia all’unisono insieme a quello dei migranti che annegano in mare. Il manto nero che protegge il simulacro dell’Addolorata, nella foggia tipica delle donne in lutto del nostro Meridione d’Italia, è un segno che ci rimanda a tutte le sofferenze delle donne, alla loro fatica nella società e nel lavoro e purtroppo ai tanti fatti di violenza e di femminicidio che quasi quotidianamente ascoltiamo.
Incede così Dio nelle nostre strade. La lentezza con cui i simboli procedono ci suggerisce di fissare bene, nelle nostre menti e nei nostri cuori, il modo con cui il Signore vuole stare al centro della nostra attenzione. Dio viene a visitare la nostra vita salvandola con la sua passione e risurrezione. L’amore vince ogni odio, la misericordia supera la nostra malvagità, così che l’amore di Gesù che si dona riempie la nostra umanità trasfigurandola.
Mi permetto di suggerirvi un piccolo esercizio spirituale. Fra i tanti simboli soffermatevi sulla Croce dei Misteri. Potrebbe sembrare il segno più scarno eppur è pieno di particolari. A questa croce, con dovizia di particolari, sono affissi tutti gli strumenti della passione. Quasi a dire: «o tu che incroci questo corteo, mira e scorgi in quello che segue gli oggetti con cui il Signore ha patito la morte per te».
Fra i tanti oggetti solo due segni hanno un messaggio positivo ovvero il volto santo sul fazzoletto di Veronica e la croce stessa. La croce, come un polo irresistibile, vuole attirare a sé i nostri peccati e le nostre sofferenze. La croce di Cristo è qui per legare a sé inesorabilmente la bruttezza delle nostre vite e restituirci una vita risorta. A quella croce ognuno deve lasciar andare la scala del proprio arrivismo, i soldi prezzo di sangue innocente, la lanterna del tradimento subito e praticato, i chiodi delle nostre malattie, le fruste delle cattiverie dette con la lingua, gli schiaffi all’indifeso, il canto del gallo che talvolta è la paura che il tempo fugga via da noi, i dadi del gioco d’azzardo, le vesti della nostra dignità bistrattata o strappata da altri, la spugna delle droghe e dell’alcol, la corona di spine della depressione e dei mali dei nostri pensieri, la lancia delle diagnosi mediche irreversibili, il martello del nostro egoismo. Su questo oggetto di devozione c’è quello che Dio vuole da Dio oggi: egli è desideroso della nostra conversione. Dobbiamo inchiodare alla croce tutto ciò che ci è di peso.
Getta fratello o sorella sul Signore il tuo affanno
ed egli ti darà sostegno,
perché mai permetterà che il giusto vacilli. (Sal 155)
Nel mentre contempliamo il Dio che perde ogni cosa per amore, contempliamo l’amore che non può morire. E l’amore vince su tutto. Non c’è nulla che l’amore di Dio non possa trasfigurare, non c’è nulla che l’amore di Dio non possa cambiare e far risorgere.
Per questo siamo qui per pregare meditando sui segni della Passione: Raccogli nel tuo cammino verso la croce, o uomo dei dolori, ogni dolore di questa nostra città, degli ammalati, dei più fragili, dei precari, dei giovani.
Non siamo solo colpiti, siamo anche derisi e beffeggiati.
Tu Sai o Signore e non c’è bisogno che io sia qui a ricordarti i motivi della preghiera e le nostre emergenze.
Perché tu conosci le nostre preghiere prima ancora che te le rivolgiamo.
Piuttosto, mio Signore, ricorda tu a noi con il tuo sacrificio, il valore supremo della vita, dell’onestà, della comunità.
Le nostre preghiere non siano pagane come chi, sotto la croce, bestemmiando, ti chiedeva segni.
Voglio che sia tu l’unico segno: tu che ami, tu che preghi, tu che perdoni, tu che mi doni tua madre.
Si mio Signore niente parole inutili. Insegnami a pregare ad amare a perdonare, donami la tua mamma e il mondo cambierà, il nostro modo cambierà.
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo perché con la tua croce hai redento il mondo.
Saluto, incoraggio e ringrazio l’arciconfraternita del Carmine, il suo padre spirituale mons. Marco Gerardo, il priore Antonello Papalia le autorità qui convenute.