La domenica del papa – Sì al dialogo, sì alla pace
“Pace” è anche il saluto che Gesù rivolge ai suoi discepoli, riuniti nel cenacolo
“Nessuno deve minacciare l’esistenza altrui. Tutte le nazioni si schierino invece da parte della pace”. La preoccupazione, e “anche il dolore”, del papa per l’aggravarsi della situazione dopo l’attacco iraniano a Israele è nelle parole che Francesco pronuncia dopo la preghiera del Regina caeli, un “accorato appello” perché “si fermi ogni azione che possa alimentare una spirale di violenza” e trascinare così il Medio Oriente “in un conflitto bellico ancora più grande”. La strada è quella che porterà “israeliani e i palestinesi a vivere in due Stati, fianco a fianco, in sicurezza. È un loro profondo e lecito desiderio, ed è un loro diritto! Due Stati vicini”. Poi il negoziato: per un “cessate il fuoco a Gaza” per aiutare la popolazione “precipitata in una catastrofe umanitaria”; e per ottenere la liberazione “subito” degli ostaggi. Pace, dunque: “basta con la guerra, basta con gli attacchi, basta con la violenza! Sì al dialogo e sì alla pace”.
E “pace” è anche il saluto che Gesù rivolge ai suoi discepoli, riuniti nel cenacolo. Luca, nel suo Vangelo, ci narra ancora un fatto accaduto, nei giorni della resurrezione, ai due discepoli di Emmaus. Anzi sono proprio i due a raccontare agli altri il loro incontro lungo la loro strada e come hanno riconosciuto, nel forestiero, Gesù proprio per il gesto dello spezzare il pane. Ma Gesù è in mezzo a loro, non è un’apparizione, non è un fantasma come pensavano i discepoli: “guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io. Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. Quindi chiede del cibo e mangia.
Che strana situazione. Dopo lo scetticismo di Tommaso, il Vangelo di domenica scorsa, oggi sono gli apostoli increduli. Eppure, stanno parlando di lui, delle sue apparizioni, di Simone che lo ha visto. I due discepoli di Emmaus narrano la loro esperienza, e improvvisamente si rendono conto che nel cenacolo non sono solo loro. C’è anche lui, Gesù, che li saluta: “pace a voi”. Se vogliamo, avrebbe potuto usare ben altre parole, Gesù, di rimprovero perché non hanno creduto, sono fuggiti, Pietro lo ha rinnegato per tre volte, e Giuda lo ha tradito per 33 denari. Invece no agli undici amici dice shalom, pace a voi. E Gesù arriva “proprio mentre stanno condividendo il racconto dell’incontro con Lui”, ricorda papa Francesco nella sua riflessione, per dire che “è bello, è importante condividere la fede” in Gesù risorto.
Ogni giorno “siamo bombardati da mille messaggi”, molti “superficiali e inutili”, altri sono “pettegolezzi e malignità”, notizie che non servono a nulla, “anzi fanno male”. Ma ci sono notizie belle e positive come “il nostro incontro con Gesù” di cui spesso facciamo fatica a parlare. È importante, afferma il vescovo di Roma, condividere i momenti unici in cui abbiamo “percepito il Signore vivo, vicino, che accendeva nel cuore la gioia o asciugava le lacrime, che trasmetteva fiducia e consolazione, forza ed entusiasmo, oppure perdono, tenerezza”.
È importante il racconto di questi momenti, dice ancora papa Francesco, è importante condividerli e trasmetterli: “fa bene parlare delle ispirazioni buone che ci hanno orientato nella vita, dei pensieri e dei sentimenti buoni che ci aiutano tanto ad andare avanti – ha aggiunto – anche degli sforzi e delle fatiche che facciamo per capire e per progredire nella via della fede, magari pure pentirci e tornare sui nostri passi”. Di qui l’invito del pontefice a ricordare, “in silenzio”, un “momento forte della nostra vita, un incontro decisivo con Gesù”.
Ma torniamo ancora nel cenacolo, l’incontro di Gesù con i discepoli, le ferite evidenti nel corpo. Quelle ferite richiamano anche il dolore ancora presente nel mondo, oggi. Sono le ferite di una umanità sofferente: i poveri, i malati, quanti sono prigionieri, torturati, uccisi; sono le ferite del terrorismo che colpisce le persone innocenti; le ferite dei paesi in guerra e di coloro che sono vittime della violenza e dei conflitti. Le ferite dei bambini che “soffrono per le guerre in Ucraina, in Palestina, in Israele e in altre parti del mondo, nel Myanmar, dice Francesco ricordando la prima Giornata mondiale dei bambini a fine maggio: “abbiamo bisogno della vostra gioia e del vostro desiderio di un mondo migliore, un mondo in pace”.