La domenica del Papa – In nome di Dio, tacciano le armi
In questi sette mesi di conflitto, Francesco non ha mai fatto mancare la sua voce per invocare la pace e mettere fine a violenze e morti
221 giorno del conflitto in Ucraina, per la prima volta papa Francesco si rivolge direttamente ai presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. L’andamento della guerra, dice, “è diventato talmente grave, devastante e minaccioso, da suscitare grande preoccupazione”, e rischia di trascinare il mondo in un conflitto atomico dalle conseguenze devastanti. Angelus diverso, atipico in piazza San Pietro; non commenta il Vangelo di Luca – dialogo con gli apostoli sul tema della fede – ma guarda direttamente al conflitto nel cuore dell’Europa, e manifesta tutta la sua preoccupazione per una crisi che rischia di allargarsi sempre più, per le conseguenze della guerra iniziata da Mosca. Tra un paio di settimane sono 60 anni dalla crisi dei missili di Cuba e, forse, è questo anniversario a spingere il papa a rivolgersi direttamente ai due leader, come fece Giovanni XXIII con John Kennedy e Nikita Kruscev. Già il primo settembre 2013 Francesco scelse di dedicare alla guerra in Siria la riflessione che precede la preghiera dell’Angelus, per farsi interprete “del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace”.
Così domenica parla di una ferita “terribile e inconcepibile” che “continua a sanguinare sempre più”; di “fiumi di sangue e di lacrime versati in questi mesi”; di migliaia di vittime, di bambini, di distruzioni, di famiglie senza casa minacciate da freddo e fame, di “luoghi di sofferenze e paure indescrivibili”, di assurda minaccia atomica: “certe azioni non possono mai essere giustificate”.
Cos’altro deve succedere, si chiede Francesco, “quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio, e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il-fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili”. Soluzioni nel rispetto del valore della vita umana, “della sovranità e integrità di ogni paese”, dei diritti delle minoranze. Preoccupa la situazione, le azioni contrarie ai principi del diritto internazionale, e il “rischio di una escalation nucleare, fino a far temere conseguenze incontrollabili e catastrofiche a livello mondiale”.
Nel giorno in cui Luca, nel suo Vangelo, scrive di una fede intensa, forte, che sa sperare contro ogni speranza – è la fede incrollabile di Abramo; è l’audacia di Giorgio La Pira che anima i colloqui di pace nel nord Africa, in Medio Oriente, ma anche nell’Est europeo e in Unione Sovietica, dove ai delegati del Soviet supremo si rivolge dicendo che centinaia di suore di clausura stanno pregando per questa visita e per voi – papa Francesco supplica il presidente della Federazione russa “di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte”; e rivolge “un altrettanto fiducioso appello” al presidente ucraino, “addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita”, al quale chiede di “essere aperto a serie proposte di pace”. La sua sembra la voce di uno che grida nel deserto; voce inascoltata.
Da Francesco, appello anche ai responsabili delle Nazioni ai quali chiede “con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo”. Facciamo respirare ai giovani dice il papa “l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia”. In questi sette mesi del conflitto, il vescovo di Roma non ha mai fatto mancare la sua voce per chiede la pace, e mettere fine a violenze e morti. Così questa domenica chiede che si faccia ricorso “a tutti gli strumenti diplomatici” per far finire “questa immane tragedia: la guerra in sé stessa è un errore e un orrore”. Preghiera, dunque, confidando “nella misericordia di Dio, che può cambiare i cuori”, e nell’intercessione di Maria Regina della pace, nel giorno in cui, ricorda Francesco, nel Santuario di Pompei si recita la supplica alla Madonna del Rosario.