La Rai e l’informazione italiana sempre meno libera
I giornalisti Rai si fermano oggi per il primo dei giorni di sciopero proclamato dal sindacato UsigRai. Che segno è? Non certo positivo, se si pensa che la libertà di stampa in Italia arretra di anno in anno. Oggi il nostro Paese, che in realtà non brilla poi in molte graduatorie mondiali della qualità della vita, è meno libero di un anno fa, per quanto riguarda il settore dell’informazione.
Secondo l’annuale dossier di Reporter senza frontiere, in Italia la situazione è in peggioramento. Cinque le posizioni perse in classifica rispetto allo scorso anno. Una situazione che da “soddisfacente” diventa “problematica”. I motivi? Secondo il punto di vista di Rsf sono essenzialmente politici. Tra “i governi” che “non riescono a proteggere il giornalismo” viene di fatto menzionato anche quello di Giorgia Meloni.
La classifica mondiale ci dice che solo nei paesi scandinavi la libertà è assoluta, e infatti ai primi posti sono: Norvegia, Danimarca e Svezia. Ma la situazione è ottima in altri paesi europei, come Francia, Germania, Spagna è, fuori dall’Europa, anche in Canada e in Australia. Meglio dell’Italia stanno persino il Montenegro, Capo Verde e la Slovenia. Peggio di noi, e i motivi sono abbastanza comprensibili, gli Stati Uniti, che sono al posto n.55, preceduti da alcuni Paesi dell’America Latina, come il Cile e l’Uruguay.
Cosa ci sta succedendo? In fondo non è molto difficile comprenderlo: la concentrazione dell’informazione televisiva nazionale in poche mani è il primo motivo. Abbiamo la tv commerciale concentrata nelle mani di un grosso gruppo privato che però ha rappresenta da anni una fetta importante della politica italiana. Le reti del servizio pubblico sono state ormai aggregate al sistema di potere dell’attuale governo, al punto tale che gli stessi giornalisti Rai hanno proclamato alcune giornate di sciopero. L’area dell’opposizione può trovare spazio ancora nella Sette, mentre i grandi interessi economici (ma naturalmente anche politici) americani stanno ritagliandosi una fetta importante di pubblico, attraverso le reti 8 e 9. Questo grazie alla potenza economica che esprimono: solo apparentemente, e momentaneamente, danno sfogo alla decadenza della Rai, accogliendo i transfughi. Ma non è certo vento libertario quello che soffia da quei canali.
Ma vi è ancora qualcos’altro che sta facendo peggiorare la libertà di stampa in Italia. Ci riferiamo alla cosiddetta “legge bavaglio”, che ha l’obiettivo di ridurre sensibilmente la libertà di azione ed espressione dei giornalisti italiani. Come? Agitando lo spettro delle pene detentive, limitando i poteri d’indagine giornalistica che in Italia sono già abbastanza limitati.
Che dire poi della concentrazione di testate giornalistiche nelle mani di potentati economico-politici? Il senatore leghista Angelucci ha già collezionato la proprietà del quotidiani di destra “Libero”, “Il Tempo” e “Il Giornale”. Ha anche tentato con “La Verità”, che per ora resiste ma soprattutto sta puntando ad acquisire l’agenzia di stampa Agi, che è la seconda del Paese: è proprietà dell’Eni ma potrebbe facilmente passare dalla mano pubblica a quella privata. Visto che l’Eni rientra tra gli enti di competenza governativa.
Ma quello che più preoccupa è che Angelucci è considerato il re della sanità privata: ha acquisito molte importanti istituti e cliniche, a cominciare dal San Raffaele e tutto lascia pensare che lo smantellamento della sanità pubblica, già fiore all’occhiello del nostro Paese, possa essere quanto meno auspicata da questo conglomerato di interessi.
Neppure l’indebolimento dei giornali storici e l’impero dei social favoriscono la libertà di stampa: se i cittadini non leggono limitano il proprio senso critico, mentre il dominio dei social è molto più simile al caos che alla libertà. Il caos è solo confusione. E la confusione, consentita o organizzata, è la negazione della libertà, dove i più forti trovano spazio.
Secondo Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti c’è una tendenza globale, che riguarda anche il nostro Paese, a restringere gli spazi della libera informazione. Non è un problema per i giornalisti, è un problema per i cittadini che avranno sempre meno informazione libera, sempre meno informazione verificata, sempre meno informazione che non è agli ordini del potere, che è la condizione fondamentale affinché la democrazia possa continuare ad esistere.”