Balneari: l’Italia è fuorilegge, ma si può cambiare
Concessioni balneari: l’Italia è fuorilegge. Mentre arriva l’estate facciamo i dati con questo dato certo e incontrovertibile. È chiaro e risaputo che nel nostro Paese, che affonda le sue radici sui privilegi, l’evasione fiscale e il nepotismo, gli 8.300 chilometri di spiagge, che sono demanio dello Stato, sono stati lasciati o affidati alla gestione di privati, in genere attraverso favoritismi e clientelismi. I gestori delle 30.000 concessioni balneari, che incassano cifre da capogiro, versano canoni di affitto irrilevanti allo Stato. Basti pensare, come è stato già dimostrato nei giorni scorsi, che l’incasso di tutte le concessioni d’Italia equivale all’incasso dei fitti dei soli negozi presenti nella Galleria di Milano. Una vergogna che è stata mantenuta finora solo perché quella dei balneari è una categoria “potente”, di cui fa parte la stessa ministra del Turismo Santarché.
La direttiva europea
L’Unione Europa, attraverso una disposizione specifica, nota col nome direttiva Bolkenstein, obbliga tutti gli stati membri a indire gare d’appalto per la gestione delle spiagge, in modo tale da consentire la libera concorrenza. Ed evitare, quindi, il trascinarsi di favori ingiustificati. Il governo in carica, ma anche quelli che l’hanno preceduto, hanno tamponato attraverso lo slittamento della decisione ma il Consiglio di Stato ha definito illegittimo questo slittamento e impone al governo di indire la gare.
È logico che i gestori non vogliano mollare, meno logico è che abbiano continuato a pagare canoni ridicoli per concessioni ottenute senza alcun criterio. Sostengono, poi, di aver investito nelle strutture presenti sui loro lidi e che per questo non è giusto sfrattarli. Ma dimenticano di aggiungere che la normativa ha sempre importo di rimuovere le strutture a ogni conclusione di stagione balneare. Cosa che in genere non avviene mai. Nello stesso modo si sono protratti in Italia i privilegi che alcune categorie, come i balneari, i taxi, i mercati, gli evasori fiscali, che hanno consolidato la propria posizione spaccando l’Italia in due: da una parte i furbi, dall’altra i “poveri fessi” che con le loro tasse mantengono in piedi il paese e il benessere degli evasori.
Ma si dirà che la giustizia non può neppure fare a fette il mondo: chi ha davvero investito e per anni ha lavorato nel settore della balneazione deve pur ottenere una sorta di risarcimento. In questo caso torna interessante la proposta avanzata dal deputato pugliese Stefanazzi in merito alle proposte attualmente all’esame della Commissione Finanze di Montecitorio.
La proposta
“In primo luogo – sostiene Stefanazzi – introduciamo il principio per cui tutte le opere, amovibili e non, purché regolari, debbano essere oggetto del nuovo bando di gara e adeguatamente indennizzate in favore di chi le ha realizzate. Un indennizzo che deve essere adeguato, a carico del concessionario che subentra e, soprattutto, determinato prima dell’indizione della gara, sulla base di una perizia giurata di stima redatta da un professionista abilitato, nominato dall’amministrazione concedente. Insomma, un meccanismo che garantisce che la procedura si possa svolgere nella massima chiarezza e trasparenza per tutti.”
“In secondo luogo – continua Stefanazzi – si prevede che, qualora si tardi di oltre un anno nell’affidare ad altri la nuova concessione, sia lo Stato ad anticipare l’indennizzo al concessionario uscente, recuperandone poi i costi nell’ambito della gara per il nuovo affidamento, sempre a carico di chi subentra. Infine, si regolano due altri scenari, benché residuali”.
Ecco una buona base di partenza. Ma poi sarà sempre compito dello Stato, o degli enti locali a cui viene demandato il compito, di vigilare perché una risorsa così preziosa come le spiagge, vengano gestite con onestà e rigore. E che siano salvaguardate e curate anche le spiagge libere che in Italia sono pochissime, se si confrontano con il resto d’Europa.